Giubileo. La Pace è segno di Speranza, per guardare con fiducia al futuro

Riflessioni del vescovo emerito di Pozzuoli e di Ischia, Gennaro Pascarella





Nella Bolla di indizione del Giubileo 2025 papa Francesco invita a riscoprire la speranza «anche nei segni dei tempi». Egli fa riferimento ad un testo conciliare: «è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle relazioni reciproche» (GS, 4).

È necessario aggiunge – il Papa – porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza».

Il nostro compito è collaborare con tutti gli uomini di buona volontà per trasformare i segni dei tempi in “segni di speranza”. In un mondo in cui domina la guerra, il primo segno di speranza è la pace. In un contesto culturale in cui c’è “la perdita del desiderio di trasmettere la vita”, che si esprime in Occidente in una “preoccupante calo della natalità”, dare un sostegno convinto al “desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie”.

Dare segni di speranza ai giovani, che spesso vedono crollare i loro sogni, “quando lo studio non offre sblocchi e la mancanza di un lavoro o di un’occupazione sufficientemente stabile rischiano di azzerare i desideri”. Ad una cultura dello scarto, dell’indifferenza, dell’efficientismo, che mette fuori gioco le tante persone ferite in vario modo dalla vita – detenuti, ammalati, anziani, migranti – rispondere con gesti concreti di accoglienza, del prendersi cura, della condivisione, sostenendo una cultura della prossimità e della fraternità. Superare “il rischio di abituarsi e rassegnarsi” di fronte ai miliardi di poveri, che spesso mancano del necessario per vivere. I poveri sono sempre più poveri! Questo riguarda non solo alcune aree geografiche; ma possiamo incontrare persone povere o impoverite, anche come nostre vicine di casa.

Per vivere la speranza – scrive papa Francesco nell’Introduzione ad un suo piccolo libro La speranza è una luce nella notte. Meditazioni sulla virtù umile – «serve una “mistica dagli occhi aperti” …: saper scorgere, ovunque, attestazioni di speranza, l’irrompere del possibile nell’impossibile, la grazia dove sembrerebbe che il peccato abbia eroso ogni fiducia». Poi dà un consiglio, che vale singolarmente per ognuno di noi e per il nostro Giornale: «alla sera, prima di coricarsi, ripercorrendo gli eventi vissuti e gli incontri avuti, andate alla ricerca di un segno di speranza nella giornata appena trascorsa. Un sorriso di qualcuno da cui non ve lo aspettavate, un atto di gratuità osservato a scuola, una gentilezza riscontrata sul posto di lavoro, un gesto di aiuto, magari piccolo».

Dobbiamo riprendere e sostenere i “segni di speranza”, che ci sono nelle nostre diocesi di Pozzuoli e di Ischia: quelli legati alle nostre Caritas (diocesana e parrocchiale), quelli che sostengono i nostri cappellani delle carceri e degli ospedali, quelli che realizza la Fondazione “Regina Pacis” e la Fondazione “Paulus ”… come la rinnovata attenzione ai ragazzi attraverso gli oratori e il “Progetto Integra”. Far conoscere e dare voce a tutti i “segni di speranza”, spesso nascosti, che ci sono nel nostro territorio.

Come cristiani “siamo gente più di primavera che d’autunno” – scrive ancora papa Francesco. Certo il Regno di Dio cresce come buon grano in mezzo alla zizania. Ci sono le guerre, le ingiustizie, le malattie, i problemi; ma “il grano cresce, e alla fine il male sarà eliminato”. La speranza non ci permette di piangerci addosso, di ripiegarci su noi stessi, di stare alla finestra, di chiuderci nell’indifferenza; ma ci spinge a fare tutta la nostra parte perché ci siano relazioni più umane e un mondo più vivibile.

† Gennaro, vescovo





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