L’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, scrive una Lettera dal titolo “Voi, come fiumi carsici”, indirizzata “agli uomini e alle donne con le mani sporche di vangelo”.
«Non so se siete una sparuta minoranza o molti di più di quello che si possa immaginare, so solo che voi siete quella profezia di cui oggi ha sempre più bisogno questa nostra amata e tormentata Città, siete i pilastri ben conficcati nella roccia e per questo nascosti su cui tutti insieme ci stiamo impegnando per costruire la casa di una nuova umanità, e siete come fiumi carsici, quei fiumi cioè che scavano più di altri e quando poi escono allo scoperto più di altri trasformano il volto di un territorio».
Un ringraziamento rivolto al fratello parroco, che ogni giorno attraverso il suo servizio pastorale testimonia la bellezza del vangelo, “raccontando a tutti che è possibile vivere una vita bella nella sequela del Signore, perché il camminare dietro a lui conduce alla vita, a differenza della camorra che è un cammino di morte”. Un grazie espresso al giovane presbitero, al fratello religioso e alla sorella religiosa, al giovane che semina l’entusiasmo dell’impegno civile nella comunità parrocchiale, che traduce il vangelo con l’alfabeto dell’impegno politico, associativo, sociale.
Battaglia invita però anche ad ascoltare le critiche rivolte verso la Chiesa e i sacerdoti: «Grazie a te, fratello e sorella, che sproni la chiesa ad essere sempre più fedele al vangelo, criticando quanto in esso è ancora intriso di neutralità e timore. E nel dirti grazie ti chiedo anche di camminare insieme, di non lasciarci soli, di prenderci per mano superando steccati e diffidenze per servire insieme la causa della giustizia, del bene, della civiltà fondata sull’amore».
L’arcivescovo elogia “la storia tenace, discreta e coraggiosa di una Chiesa che quotidianamente la camorra la guarda in faccia, dritta negli occhi e senza piegare la schiena”. Storia di preti che hanno fatto delle loro parrocchie avamposti credibili e autorevoli in difesa della dignità umana, di preti che si sentono chiamare “sbirri” perché con franchezza e “parresia” non hanno timore a ricordare che la denuncia è l’altra faccia dell’annuncio. “Uomini e donne di vangelo costretti però anche ad ingoiare spesso i bocconi amari dell’incomprensione e dell’insulto”.
«Io lo so che queste storie silenziose e anonime – sottolinea don Battaglia – non attenuano per nulla la chiassosa responsabilità per i silenzi di non pochi uomini di Chiesa dinanzi all’arroganza e alla prepotenza della camorra… In coscienza, però, sento semplicemente il dovere di restituire merito e onore a quei preti e religiosi che in silenzio vivono il proprio ministero incarnando quel vangelo che non ti fa scendere a patti con nessuno, che ti fa essere di parte perché hai scelto di schierarti con i più deboli rivendicando per loro quei sacrosanti diritti che i mafiosi e i potenti trasformano invece in favori da chiedere in elemosina, quel vangelo che ti invita a sporcarti le mani perché se sogni un mondo giusto e una società libera dalle mafie quelle mani non puoi tenerle in tasca. E io di preti con le mani sporche di vangelo ne conosco tanti».